RAPPORTO DI LAVORO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - Cass. civ. Sez. lavoro, 14-03-2018, n. 6147

RAPPORTO DI LAVORO - LICENZIAMENTO COLLETTIVO - Cass. civ. Sez. lavoro, 14-03-2018, n. 6147

In ordine al licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un'unità produttiva o ad uno specifico settore dell'azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Il datore di lavoro, tuttavia, non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti suddetti a tale reparto o settore se essi siano idonei, per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda, ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti. Ne deriva che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative, spettando, in ogni caso, ai lavoratori l'onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio - Presidente -

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo - Consigliere -

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere -

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa - Consigliere -

Dott. BOGHETICH Elena - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3046-2015 proposto da:

BAYER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO LOTTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABRIZIO DAVERIO, SALVATORE FLORIO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

D.M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE PROVINCE 114 B/23, presso lo studio dell'avvocato PAOLA D'AMICO, rappresentato e difeso dall'avvocato ENRICO DE MAGISTRIS, giusta delega in atti;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 6022/2014 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 24/07/2014 R.G.N. 555/2012;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI FRANCESCA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato ACHILLE BORRELLI per delega verbale Avvocato MASSIMO LOTTI;

udito l'Avvocato ENRICO DE MAGISTRIS.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza depositata il 24.7.2014 la Corte di appello di Roma ha respinto l'appello proposto da Bayer s.p.a. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Cassino aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da Schering s.p.a. a D.M.T. e ne aveva ordinato la reintegra nel posto di lavoro, condannando l'azienda a risarcirle i danni in misura pari alle retribuzioni percipiende dal recesso alla reintegra.

2. La Corte distrettuale riteneva che la procedura di licenziamento collettivo conclusa con l'accordo sindacale del 5.3.2007 prevedeva, quale condizione di validità dei successivi criteri di scelta, l'infungibilità professionale del personale, profilo che non era stato verificato con riguardo al D.M. e a tutti i dipendenti appartenenti al reparto (OMISSIS).

3. Per la cassazione di tale sentenza la Bayer s.p.a. propone ricorso affidato a tre motivi. Resiste D.M. con controricorso illustrato da memoria.

Motivi della decisione

1. La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1362, 1363, 1367, 1372 e 1375 c.c. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. e della L. n. 223 del 1991, art. 5, con riferimento all'interpretazione del verbale di accordo sindacale del 5.3.07 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che la infungibilità delle mansioni dei lavoratori licenziandi era da considerare unico criterio di scelta, in quanto le parti avevano enucleato il solo criterio delle collocazioni aziendali e dei profili professionali aziendali senza prevedere alcuna ulteriore verifica o condizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso la società denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, alla luce delle deposizioni testimoniali raccolte, erroneamente ritenuto che il D.M. era fungibile con i dipendenti di altre linee, in specie con quella ginecologica.

3. Con il terzo motivo, avanzato in via subordinata, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18 e degli artt. 1227, 1362 e 1363 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente interpretato l'offerta, rivolta al D.M., di un rapporto di lavoro a tempo determinato che conteneva tutti gli elementi per essere definita come chiara, precisa e circostanziata.

4. Il ricorso è infondato.

Ritiene questa Corte di dover dare continuità alle considerazioni già svolte nella propria sentenza n. 13698/2015 concernente la procedura di riduzione di personale posta in essere nel 2007 da Schering s.p.a. successivamente all'incorporazione da parte di Bayer s.p.a. con particolare riferimento ai criteri di scelta previsti nell'accordo sindacale.

Questa Corte, proprio con riguardo all'accordo sindacale del 5.3.2007 sottoscritto nell'ambito della procedura di mobilità ex L. n. 223 del 1991, ha già osservato che essendo contenuto - nella premessa delle modalità di scelta - un richiamo alla fungibilità o meno delle posizioni lavorative, criterio di fungibilità richiamato anche alla lettera b) dell'accordo stesso, tale requisito doveva ritenersi compreso tra quelli voluti dalle parti sociali, nel senso che queste non intendevano escludere la comparazione tra i lavoratori fungibili, ma solo escluderla tra i lavoratori infungibili, e ciò anche in base alla stringente considerazione che se l'infungibilità tra i lavoratori fosse stata un imprescindibile presupposto di fatto, non avrebbe avuto senso introdurre tale criterio in sede di applicazione del detto punto b).

La soluzione adottata dalla Corte di merito non solo risponde quindi ad una coerente applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ove il criterio della fungibilità è espressamente menzionato, ma è in linea con quanto osservato da questa Corte in materia (Cass. n. 7011/11, n. 9711/11, n. 2429/11, n. 6959/13, n. 6112/14 e Cass. n. 203/15 e Cass. n. 18190/2016). Nelle ultime pronunce citate questa Corte ha osservato che in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un'unità produttiva o ad uno specifico settore dell'azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei - per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda - ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative, spettando - in ogni caso - ai lavoratori l'onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni.

Nella specie la Corte di appello con valutazione non sindacabile in sede di legittimità, ha accertato - sulla base delle risultanze istruttorie - che il D.M. (licenziato nel marzo 2007) si era occupato anche dell'informazione scientifica di farmaci di natura ginecologica, con particolare riguardo agli anni 2006-2007, risultando quindi addetto anche a farmaci di settore diverso da quello ((OMISSIS)) di appartenenza.

5. Destituito di fondamento è anche il terzo motivo.

Vale precisare che la Corte di appello ha ritenuto infondata la censura con la quale si lamentava che il primo giudice non avesse tenuto conto, sotto il profilo dell'"aliunde perceptum", dell'offerta di lavoro, a tempo determinato, rifiutata dal dipendente successivamente al licenziamento.

Ed infatti, con riferimento all'obbligo di cooperazione del creditore, ex art. 1227 c.c., comma 2, per evitare l'aggravarsi del danno in motivazione, viene rilevato che nell'ambito dell'ordinaria diligenza di cui all'art. 1227 c.c., comma 2 possono esser comprese solo quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi e sacrifici per il creditore (in linea con quanto affermato da questa Corte, cfr. Cass. nn. 2855/2005, 15231/2007, 20684/2009, 21712/2012).

In applicazione di tale principio viene, poi, osservato che il primo giudice aveva rilevato che, nel caso in esame, il dipendente licenziato aveva ricevuto un'offerta ove non era precisato il periodo dell'assunzione con conseguente impossibilità, per il lavoratore, di valutare la portata della proposta e inattuabilità della quantificazione del danno eventualmente da scomputare a titolo di retribuzioni percepite.

Orbene, tale motivazione oltre che rispettosa del disposto dell'art. 1227 c.c. è anche congrua e logica. Sul punto, inoltre, va ricordato che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, l'accertamento dei presupposti per l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, integra un'indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione (Cass. nn. 20684/2009, 15231/2007, 2422/2004).

6.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

7. - Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17(legge di stabilità 2013).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2018


Avv. Francesco Botta

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